TFR ai forestali, esplode la protesta: “Dopo 44 anni di lavoro, costretto a incatenarmi per avere ciò che mi spetta”
Lettera aperta di Francesco Pugliese, ex operaio idraulico-forestale: “La Regione ci ha dimenticati. Pronto a proteste civili estreme”

di Nicoletta Toselli
Paola (CS) 09 giugno 2025– Ha il tono amaro della disperazione e la fermezza di chi non vuole più tacere la lettera che è arrivata nella nostra redazione, firmata da Francesco Pugliese, ex operaio forestale calabrese conosciuto da tutti come “Scicco”. Una missiva indirizzata al Presidente della Giunta Regionale Roberto Occhiuto e inviata per conoscenza a tutte le Procure calabresi, ai consiglieri regionali e alle testate giornalistiche. Pugliese, 69 anni, originario di Juiz de Fora in Brasile ma cresciuto in Calabria fin dall’età di sei anni, ha trascorso 44 anni nei cantieri forestali del Consorzio di Bonifica di Scalea. Dopo una vita dedicata al lavoro e alla cura del territorio, oggi si ritrova a due anni dalla pensione senza aver ancora ricevuto il proprio Trattamento di Fine Rapporto (TFR), il compenso che per legge spetta a ogni lavoratore al termine del suo servizio. “La mia – scrive Pugliese – è una storia come quella di tanti altri lavoratori forestali della nostra regione. Abbiamo lavorato onestamente, nel fango e sotto il sole, per mantenere in sicurezza montagne, torrenti, boschi. E oggi, invece di ricevere ciò che ci spetta, veniamo ignorati come fossimo un peso.” Nella sua lettera, l’ex forestale punta il dito contro l’immobilismo dell’Azienda Calabria Verde e i ritardi strutturali nei pagamenti del TFR, denunciati da tempo anche da interrogazioni regionali, come quella presentata il 28 febbraio scorso dal consigliere Davide Tavernise. L’interrogazione n. 215 ha messo nero su bianco i numeri di questa emergenza sociale: oltre 25 milioni di euro di arretrati per i pensionati forestali, con liquidazioni ferme ancora al 2021. Quello di Pugliese non è solo un grido di protesta, ma un appello umano: “Vivo in condizioni di grave disagio economico. Ho seri problemi di salute, tra cui l’usura della cartilagine del ginocchio destro. Ma non posso curarmi. Senza il TFR, non riesco a coprire nemmeno le spese mediche”. Poi l’annuncio, drammatico quanto determinato: “Se non riceverò risposte immediate, sarò costretto ad attuare una protesta civile estrema, incatenandomi davanti alla Cittadella Regionale. Non per provocazione, ma per dignità. Non posso più tollerare questo silenzio”. Quella di Pugliese è la storia di centinaia di pensionati forestali calabresi. L’intera filiera del TFR in Calabria Verde si è inceppata, tra pastoie burocratiche, , criticità nella gestione dei fondi (come evidenziato in una sentenza della Corte dei Conti del 2022), e un evidente scarico di responsabilità tra enti, che ha trasformato il diritto al TFR in un miraggio. Nonostante nel 2022 la Regione avesse stanziato 10 milioni di euro per iniziare a saldare i debiti, la situazione è tutt’altro che risolta. “Nel 2024 – si legge ancora nell’interrogazione di Tavernise – si è proceduto solo al pagamento dei lavoratori cessati nel 2021”. Pugliese racconta anche di aver scritto, mesi fa, alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Nessuna risposta. “È come se fossimo diventati invisibili. Dopo una vita di lavoro, chiediamo solo il rispetto della legge. Né più, né meno.” Nel frattempo, la Regione Calabria tace. E l’Azienda Calabria Verde, pur tenuta a rispettare le tempistiche del settore privato per l’erogazione del TFR – massimo 3 mesi dalla cessazione del servizio – continua a rimandare. Il caso sollevato da Francesco Pugliese impone un’accelerazione e un’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni regionali. La Calabria dei boschi e delle frane, dei fiumi da arginare e delle colline da salvaguardare, è stata mantenuta in piedi per decenni da uomini come lui. Non si può ora cancellarli con il silenzio. Il rischio è che l’incatenamento simbolico annunciato da Pugliese diventi una miccia per una mobilitazione più ampia e incontrollabile. Serve una risposta, e serve subito. Non solo per una questione di bilanci, ma per una questione di giustizia sociale.