Un viaggio necessario nella memoria collettiva: “Il patto dell’oblio” di Francesco Tropeano

di Aldo Polisena
Il patto dell’oblio di Francesco Tropeano è un libro che si snoda nei primi 50 anni del novecento e racconta storie della nostra terra, ormai sconosciute, dimenticate, o meglio sepolte, dopo la seconda guerra mondiale, da una sorta di patto tra le generazioni del tempo. Un patto allora ritenuto necessario per evitare una spirale di rivalse e vendette che naturalmente e per certi versi, inconsapevolmente, si sarebbe prodotta dopo anni di lutti, miseria, dittatura e guerra.
Nelle pagine del libro si rivive un periodo storico, gli anni bui del secolo scorso, dalla grande emigrazione alla fine della seconda guerra mondiale e lo si racconta non attraverso la vita di uomini famosi e potenti, bensì attraverso gli occhi di chi è costretto a subire la storia, ma non vuole essere una vittima passiva e cerca, ciascuno nel modo più congeniale, di opporsi. Chi con veemenza, chi con pacatezza, a decisioni prese da altri, questi sì potenti e spesso anche violenti.
Nel libro troveremo storie di ribelli, resistenti, illustri confinati politici, internati nei lager, ma anche di emigrati, famosi loro malgrado, che non rientreranno più in Italia.
Piccole storie di piccoli uomini che spesso hanno nuotato controcorrente nei luttuosi eventi che hanno caratterizzato il Novecento, il secolo breve, perché secondo l’inventore di questa felice definizione, lo storico inglese Eric Hobsbawm, è stato il secolo con più rapidi cambiamenti, distinguendosi dai mutamenti graduali del passato. Il secolo breve, secondo lo storico, è suddiviso in tre fasi: età della catastrofe (1914-1945), età dell’oro (1945-1975) ed età della crisi (1975-1991).
Il libro si occupa, appunto, del periodo della catastrofe, che da noi è iniziato molto prima, già agli albori dell’Unità d’Italia, con milioni di famiglie frantumate e disintegrate dalla grande ondata migratoria che in pochi decenni coinvolse ben venti milioni di italiani.
Venti milioni di persone, sradicate dalla loro terra per costruire, spesso da zero, le fortune di nazioni che diventeranno imperiali ed imperialiste.
E poi la grande guerra, il fascismo, la repressione e le congiure locali per attentare al duce, le guerre d’Africa, l’invasione dell’Albania, la terribile seconda guerra mondiale che ha visto, in quel 1943, proprio la nostra Piana come fronte di guerra di opposti eserciti stranieri. Questo ha significato fame, miseria, sfollamento, carestia, sanguinosi e terroristici bombardamenti, altissima mortalità infantile ed intere famiglie decimate dalla morte dei propri giovani figli mandati a combattere in fronti lontani.
Ma non ci siamo fatti mancare niente. Dopo la guerra mondiale anche la guerra civile e la lotta di liberazione che hanno visto migliaia di partigiani meridionali, fra cui molti calabresi, combattere nelle regioni del centro nord contro un regime liberticida e guerrafondaio e contro l’occupazione tedesca delle nostre terre.
Poi finalmente la pace e con essa il ritorno a casa dei prigionieri di guerra e degli internati nei lager nazisti. Anche qui molti calabresi.
Nel Patto dell’oblio queste vicende sono narrate attraverso le storie e la vita vissuta di omini piccoli piccoli, trascinati, loro malgrado, tra i flutti della Grande Storia. Con la vicenda di Peppe e Michele vengono raccontati i giorni dell’occupazione tedesca della Piana e con quella di Mariangela e Francesco si ha l’occasione di narrare l’arrivo degli angloamericani e soprattutto la fine della guerra, ma non della fame e della carestia.
Tutti costoro, per il loro coraggio, per aver rischiato la vita, per aver rischiato la loro libertà personale, per averci lasciato una patria migliore, meritano almeno una menzione, prima che l’oblio degli anni ne seppellisca per sempre l’esistenza.
Infine nel libro non ci sono solo vicende storiche di personaggi più o meno noti; troveremo anche usi, costumi, giochi, piatti poveri e gustosi che hanno anch’essi forgiato l’anima di quello che siamo e che il tempo ha tentato continuamente, quanto inutilmente, di farci dimenticare.