Reggio Calabria

Appello Provvidenza, confermata l’assoluzione di Giuseppe Piromalli

martelletto tribunale

Dopo un articolato iter processuale caratterizzato anche dalla rinnovazione istruttoria mediante la nuova escussione dei collaboratori di giustizia Fondacaro Marcello, Furfaro Arcangelo, Russo Antonio, e Mesiano Mazzacuva Piero richiesta dal Sost. Procuratore Generale Maria Pellegrino si è concluso l’appello del maxi processo “Provvidenza” con la sentenza emessa dalla Prima Sezione penale della Corte di Appello di Reggio Calabria (Pres. Giancarlo Bianchi, consiglieri Elisabetta Palumbo e Cristina Foti).

L’indagine ruotava attorno ai pretesi capi e gregari della potente cosca mafiosa Piromalli. Il Tribunale penale di Palmi, con la sentenza emessa il 21 dicembre 2020 aveva parzialmente accolto le richieste della Pubblica accusa e tale pronuncia è stata appellata sia dal P.M. che dagli imputati condannati.

La Corte di appello ha confermato l’assoluzione di Piromalli Giuseppe cl. 45, difeso dall’avv. Domenico Infantino che ha ulteriormente rafforzato la sentenza assolutoria producendo documentazione idonea a smentire il collaboratore di giustizia Fondacaro Marcello (il quale aveva detto che Piromalli Giuseppe continuava a dare ordini dal carcere in merito alla vicenda delle trattative di vendita dei suoi terreni a Capo Vaticano tramite il figlio Antonio che andava a trovarlo indicando tuttavia un periodo nel quale Antonio Piromalli era anch’egli detenuto).

L’accusa ha sostenuto che Piromalli Giuseppe, quale leader storico ed indiscusso della consorteria, avesse continuato a dirigere la cosca, attraverso i colloqui con i prossimi congiunti, dall’interno del carcere durante l’espiazione delle condanne definitive riportate nei processi Tirreno e Cento anni di storia.

L’appello del P.M. non ha tuttavia scalfito le argomentazioni con cui il Tribunale di Palmi aveva evidenziato come nei dialoghi intercettati in carcere mancassero del tutto riferimenti a fatti illeciti e come i collaboratori di giustizia si fossero limitati a rappresentarne in capo a Piromalli Giuseppe un ruolo di primo piano ancorato tuttavia a fatti coperti dai precedenti giudicati.

La corte di secondo grado ha poi accolto l’appello proposto da Piromalli Antonio cl. 39 (difeso dall’avv. Francesco Nizzari, dall’avv. Domenico Infantino e dall’avv. Francesco Calabrese), condannato in primo grado alla 2 pena di anni 12 di reclusione per associazione mafiosa. In riforma la Corte di appello lo ha assolto con la formula “perché il fatto non sussiste”.

Con l’appello il collegio difensivo ha evidenziato la smentita documentale della dichiarazione del collaboratore di giustizia Mesiani Mazzacuva (considerata
una fonte d’accusa) e la sua inattendibilità ed ha evidenziato come le conversazioni intercettate escludessero il coinvolgimento dell’imputato nel delitto associativo.

Sono state confermate anche le assoluzioni di Cordì Francesco (difeso da avv. Francesco calabrese e avv. Valerio Spigarelli), Molè Michele (difeso dall’avv.
Domenico Alvaro), Comerci Nicola (difeso dall’avv. Nico D’Ascola e dall’avv. Giovanni Vecchio), Martino Maria (difesa dall’avv. Giuseppe Milicia e dall’avv. Luca Cianferoni), Minniti Vittorio (difeso dall’avv. Guido Contestabile), Bagalà Vincenzo (difeso dall’avv. Giuseppe Macino e dall’avv. Guido Contestabile), Barbaro Domenico (difeso dall’avv. Fabio Federico), Dato Rocco (difeso dall’avv. Armando Veneto e dall’avv. Clara Veneto).

Sono state confermate infine le statuizioni relative a Mazzaferro Girolamo (difeso dall’avv. Antonio Cimino e dall’avv. Andrea Alvaro), condannato in
primo grado alla pena di anni 12 di reclusione per associazione mafiosa; Trimboli Giuseppe (difeso dall’avv. Guido contestabile) condannato in primo
grado alla pena di anni 12 di reclusione per associazione mafiosa; Barbaro Giuseppe (difeso dall’avv. Renato vigna e dall’avv. Fabio Federico) condannato in primo grado alla pena di anni 12 di reclusione per associazione mafiosa; Mazzaferro Teodoro (difeso dall’avv. Giuseppe martino e dall’avv. Antonio Managò) condannato in primo grado alla pena di anni 15 di reclusione per associazione a delinquere (capo a), favoreggiamento di latitanti (capi d ed f), procurata inosservanza di pena (capo e).

La Corte nella sentenza ha indicato il termine di novanta giorni per il deposito delle motivazioni

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