Reggio Calabria

Cittanova: nota stampa di Maria Concetta Valotta “il sostegno che non si insegna!”

Maria Concetta Valotta

Aspettando il tanto atteso “decreto rilancio” di maggio, l’Italia sta ponderando, più o meno a denti stretti, tra prendere o lasciare, il nuovo regime degli aiuti comunitari, attraverso quanto anticipato con il Decreto legge n. 23, del 18 aprile 2020 recante “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e di lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”.

Il decreto prevede nelle sue buone intenzioni, una serie di misure atte a garantire liquidità alle imprese e sostenere l’operatività delle stesse, prorogando i versamenti erariali e contributivi e mirando a rafforzare la capacità di resilienza del tessuto produttivo, industriale ed artigiano, ricadente nelle PMI.

Il sostegno alla erogazione di liquidità, si presenta imperniato su ben 400 miliardi di garanzie statali, destinate al supporto delle imprese e dell’export, anche potenziando il Fondo di garanzia, arrivando a garantire nel corso del 2020, finanziamenti per circa 65 miliardi di euro, concessi alle grandi e PMI che, di fatto, abbiano esaurito la propria autonomia finanziaria e presentino una improbabile capacità di accesso al credito bancario, già di per sé, decisamente ostico.

Gli Interventi di natura fiscale, che dovrebbero sospendere i versamenti tributari e contributivi sono tesi a risolvere alcuni tra i temi più scottanti ed urgenti della grave situazione emergenziale vissura dal nostro Paese.

Ma ad oggi, le evidenze sono tuttavia, altre e le incertezze delle misure attuative volte ad accelerare il Gap burocratico, rende l’accesso davvero problematico per l’utenza già fortemente esasperata. L’erogazione dei crediti di imposta, o di quelle provvigioni necessarie a garantire ai dipendenti del segmento privato, la disponibilità di premi o sussidi eccezionalmente erogati mira a realizzare l’offerta territoriale per l’emergenza.

Sia imperativo da parte del Governo, dare precedenza e vigilare che le misure di semplificazione amministrativa, alleggeriscano realmente l’operatività delle imprese da compiti e oneri insostenibili già abitualmente onerosi farraginosi, soprattutto in questa fase dove si devono intravedere le giuste garanzie, da molti attese, attraverso la pianificazione d misure che impattino concretamente sulla spinta alla continuità aziendale.

In particolare, le misure in tema di poteri speciali puntano ad ampliare le prerogative del Governo, estendendo l’ambito applicativo dei Golden Power a tutti i settori ritenuti di rilevanza strategica dalla disciplina europea, sullo screening degli investimenti esteri diretti e anche agli investimenti effettuati da soggetti privati appartenenti all’enclave dell’Unione europea. E allora, quali considerazioni trarre?

Innanzitutto, il Governo è riuscito a scrivere in pochi giorni un decreto che doveva servire per dare liquidità alle imprese, per pagare fornitori e dipendenti, essenzialmente offrendo garanzie alle banche per ristrutturare le esposizioni già esistenti e non garantite, sostituendole con le nuove e con un obbligo di finanza incrementale di appena il 10%.

Ma l’auspicio è che il passaggo dalle intenzioni alla sua applicazione, non possa trasformarsi piuttosto in un decreo salvabanche invece di un piano salvaimprese.

Inoltre, la decantata potenza di fuoco nel decreto liquidità non c’è oppure, se c’è è ben nascosta. Nel testo pubblicato ci sono 984 milioni a copertura, presi dal Fondo di riserva per le garanzie rilasciate dallo Stato. Per il Fondo di garanzia PMI non ci sono ulteriori coperture, quindi anche qui i 200 miliardi di garanzie alle piccole e medie imprese al momento non ci sono perché mancano nuove coperture finanziarie.

Ci si chiede poi perché la durata del finanziamento sia solo di 6 anni e non almeno 10, un periodo troppo breve a fronte della grave crisi di liquidità delle imprese.

Perché poi le garanzie non coprono il 100 per cento del finanziamento? Cosa succede se l’impresa non riesce a coprire la percentuale restante del 10, 20 o 30 per cento? I tassi saranno agevolati? E se sì, chi pagherà la differenza con quelli di mercato, ancorché ridotti in ragione della garanzia dello Stato?

Sarebbe bene, su questo punto, essere molto chiari. Perché, poi, si sono lasciate fuori dall’intervento le imprese già in seria difficoltà economica, che proprio per questo non possono accedere ad alcun tipodi finanziamenti? Molte imprese rimarranno fuori e saranno destinate al fallimento.

L’intero impianto normativo è poi condizionato alla approvazione da parte della Commissione eutopea e chiediamo quindi che il Governo si adoperi per avere una risposta tempestiva da Bruxelles, altrimenti il serio rischio è che tutto rimanga soltanto, tristemente sulla carta.

Maria Concetta Valotta – segretario generale della Camera arbitrale

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