Cosenza

Unical, Pedagogia dell’Antimafia presenta il libro sul potere mafioso “Sodomia” all’Ubik di Cosenza

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Continuano le iniziative di educazione alla cittadinanza critica del progetto scientifico-didattico Pedagogia dell’Antimafia attualmente attivo presso il Dipartimento di Culture, Educazione e Società dell’Università della Calabria.

Lunedì 10 luglio alle 18.30, presso la libreria Ubik di Cosenza, sarà presentato il libro “Sodomia” di Saverio Di Giorno, giovane studioso dei fenomeni sociali e politici, collaboratore della testata giornalistica Iacchitè.

La manifestazione sarà moderata da Giancarlo Costabile, ricercatore e docente Unical di Storia dell’Educazione alla democrazia e alla legalità, e prevede gli interventi di Francesco Saccomanno, attivista dei diritti civili e sociali, Giulia Zanfino, giornalista, e Delio Di Blasi, sindacalista.

A Saverio Di Giorno il compito di chiudere l’incontro che sarà animato anche da un dibattito sulle ultime vicende giudiziarie che stanno attraversando l’area urbana cosentina.

“Sodomia” è un racconto sul potere e la sua complessa fenomenologia criminale che intreccia diversi aspetti sociali: la condizione del lavoro in Calabria, il clientelismo mafioso, la corruzione delle classi dirigenti, la fragilità della democrazia solo per citarne alcuni.

Un testo di rilevante impatto socioeducativo perché favorisce il processo di analisi e comprensione delle dinamiche di condizionamento occulto della democrazia in Calabria e nel Paese.

La prefazione del saggio è curata dall’ex Procuratore Generale di Catanzaro Otello Lupacchini mentre la post-fazione dal Direttore de Il Dispaccio Claudio Cordova.

Il testo si avvale anche dei contributi del docente e giornalista Claudio Dionesalvi e dell’ex Pm della DDA di Catanzaro Luigi de Magistris.

Sinossi

Due uomini, nati nella stessa terra della Calabria, ma destinati a vite molto diverse. Uno di essi, Franco Garofalo, ha raggiunto l’apice del clan Perna e si è trasformato in un boss di spicco, mentre l’altro è diventato un anonimo operaio, costretto a sopportare solo privazioni.

Nonostante le origini simili, le loro vite hanno preso direzioni completamente diverse. Nonostante, soprattutto, le condizioni socioeconomiche dei due protagonisti siano del tutto simili.

La Calabria ha permesso a Garofalo di ottenere privilegi e potere, mentre l’operaio ha dovuto affrontare solo difficoltà e privazioni. Tuttavia, queste due vite così distinte si sono incrociate in modo inconsapevole.

Garofalo ha avuto il potere di gestire pezzi importanti della storia italiana, con i suoi viaggi nei territori vicini e gli investimenti in terre lontane, mentre l’operaio ha dovuto (o voluto?) subire le conseguenze delle decisioni dei potenti.

Il racconto è al contempo un percorso di formazione e forse sconfitta dei due attraverso tappe fondamentali, dalla crescita, al primo sangue, fino all’apice, poi il pentimento e i giorni odierne. Parole e tappe simili per entrambi i protagonisti che hanno vissuto esperienze simili, in tempi e luoghi simili, si sono influenzati vicendevolmente e a tratti sovrapposti.

Tra queste due vite c’è la terza biografia, quella dell’autore stesso, giornalista che in prima persona si mette sulle tracce dei due. L’autore del racconto prova a mettere in ordine i fatti insieme ai ricordi dei due protagonisti, a stabilire le colpe e le condanne, a capire chi sono i responsabili e quando tutto è iniziato. Vuole fuggire da Sodoma, la città del potere, dove ogni rapporto è basato sul potere e sulla sopraffazione, ma le colpe si confondono.

Il racconto non si limita a descrivere le vicende dei due protagonisti, ma cerca di ricostruire il contesto sociale, economico e politico in cui essi hanno vissuto. Si parla delle condizioni di lavoro dei lavoratori calabresi, delle attività criminali delle cosche mafiose e del sistema clientelare che permea la politica italiana. Si evidenziano le conseguenze di queste dinamiche sulla vita dei cittadini comuni, sulle loro opportunità di crescita e sulla qualità della democrazia.

La biografia dell’autore parte proprio dal viaggio fatto per incontrare l’uno e l’altro. Dall’iniziale voglia di un report giornalistico, quella dell’autore diventa la voglia arrabbiata e ossessiva di scoprire i colpevoli che gli hanno causato privazioni. I colpevoli, quindi con nomi e cognomi, che hanno determinato le condizioni attuali dello stato di cose.

Ma è anche una ricerca personale interna che fa l’autore su stesso. Se è stato solo un caso a determinare che l’uno diventasse uno spietato assassino e l’altro un arrendevole sconfitto allora come fare a capire a cosa si è destinati? Il destino, il fato di greca memoria incombe sulle biografie dei due e di tutti i protagonisti di Sodomia che sembrano essere destinati a compiere i loro doveri.

E se tutto appare segnato e ogni premio e ogni colpa dato. Se la Calabria diventa paradigma della città di Sodoma e metafora dei rapporti di potere dove solo i cattivi vincono e i buoni o sono sconfitti o diventano cattivi, ecco che alla fine dell’esistenza, nel momento del pentimento le traiettorie delle vite si capovolgono.

In apparenza opposti, alla fine delle loro esistenze, i due si potrebbero aver vissuto vite molto simili. O forse la stessa vita, ma vissuta in due direzioni temporali diverse. Ed è stata solo una scelta (ineluttabile o no, questo lo si lascia al lettore) ad aver invertito il corso degli eventi.

E lo stesso autore partito con la freddezza del reporter distaccato alla ricerca, Con lo spirito di scoprire cause e collegare eventi. Si trova d’improvviso impossibilitato quasi a distinguere i due. Perché letteralmente in un gioco di prestigio temporale la vita del boss potrebbe cominciare dove finisce quella dell’operaio e viceversa. E forse lo fa davvero non importa.

Quello che importa davvero è che lo stesso autore si trova in mezzo ai due e in qualche modo realmente collegato ad uno dei due, Incapace di distinguere, ma anche incapace di attribuire colpe ed errori, premi e punizioni. Da giudice investigante, ad imputato ed autoaccusato. Sodomia non assolve nessuno.

Si tratta di due storie vere, che coprono un arco temporale che va dal 1970 ad oggi. Queste storie comprendono anche i retroscena degli accordi indicibili, i nomi e i cognomi degli appartenenti ai gruppi deviati, corredati da documenti e testimonianze.

La storia è al contempo personale e universale, un racconto di formazione e storico, che fonde elementi di reportage giornalistico con il livore di una lettera indirizzata ad un futuro lontano. Alla fine, proprio quando tutto sembra finito, la storia potrebbe ricominciare, in un epilogo che lascia il lettore con molte domande e riflessioni.

Il racconto degli uomini e delle loro vite così diverse è un’occasione per esplorare la complessità della società e delle periferie italiane. È un invito a riflettere sulle conseguenze della corruzione e sulla fragilità delle istituzioni democratiche. La storia di Garofalo e dell’operaio è un esempio di come la corruzione e il potere possono condizionare le vite delle persone e il destino di intere comunità.

L’autore del racconto, attraverso la ricostruzione dei fatti e delle testimonianze dei protagonisti, cerca di capire le ragioni della corruzione e delle devianze che hanno caratterizzato la Calabria e l’Italia degli ultimi decenni. Inoltre, cerca di dare un senso alla sua stessa esistenza, scontrandosi con le proprie fragilità e limitazioni.

Il racconto è al contempo un viaggio nella storia recente del nostro paese e una riflessione sulla natura umana e sulla possibilità o le conseguenze di resistere alle tentazioni del potere e della corruzione.

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